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Categoria: Innovazione (Pagina 1 di 3)

Direttiva Case Green: approvata la norma europea per un futuro sostenibile

Il Parlamento Europeo ha recentemente dato il via libera alla Direttiva Case Green, un’importante misura volta a promuovere la sostenibilità nel settore edilizio. L’approvazione è stata ampia: si sono infatti contati 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. Nel dettaglio, la direttiva mira a raggiungere emissioni zero entro il 2050, rappresentando un passo significativo verso un futuro ambientalmente sostenibile.

Obiettivi della misura

La direttiva stabilisce una serie di obiettivi chiave per ridurre le emissioni di carbonio nel settore delle costruzioni. A partire dal 2028, tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a emissioni zero. La medesima disposizione verrà poi esteso, entro il 2050, anche ai nuovi edifici residenziali. Per gli edifici esistenti, sono previsti target di efficienza energetica, con obblighi di riduzione dei consumi entro il 2030 e il 2035.

Per essere più precisi, nell’ambito degli edifici residenziali esistenti, i consumi dovranno essere ridotti del 16% entro il 2030 e del 20% o 22% entro il 2035. L’obbligo di installare i pannelli solari riguarderà solo i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dal 2040 le caldaie a metano dovranno essere eliminate e dal 2025 non sarà più possibile incentivarle

Direttiva Case Green e incentivi

Per raggiungere gli obiettivi della direttiva, i Paesi membri dovranno adottare misure concrete per promuovere la riqualificazione energetica degli edifici. Il pacchetto di interventi potrebbe includere l’implementazione di esenzioni fiscali e altri incentivi finanziari per incoraggiare la transizione verso soluzioni più sostenibili. Tuttavia, si prevede che i nuovi requisiti della direttiva avranno un impatto significativo anche sui bonus edilizi esistenti, ponendo una maggiore enfasi sull’efficienza energetica e sulle tecnologie a basse emissioni.

Tempistiche e procedimenti

Dopo l’approvazione da parte del Parlamento Europeo, il testo della direttiva deve essere approvato anche dal Consiglio europeo prima di poter entrare in vigore. Una volta pubblicata in Gazzetta Ufficiale, gli Stati membri avranno due anni per recepire le disposizioni della direttiva nei loro ordinamenti giuridici nazionali, garantendo così l’applicazione uniforme delle norme in tutta l’Unione Europea.

La Direttiva Case Green rappresenta un impegno concreto dell’Unione Europea verso la lotta ai cambiamenti climatici e la promozione della sostenibilità ambientale nel settore delle costruzioni. Con obiettivi ambiziosi e misure incentivate, questa direttiva pone le basi per una trasformazione significativa verso un futuro più verde e più sostenibile per tutti i cittadini europei.

Telecomunicazioni: AI generativa, AR, VR i trend della ripresa

Per guidare una crescita del mercato delle Telecomunicazioni a lungo termine sono necessarie le innovazioni. GfK ha individuato due tendenze che potrebbero risvegliare, in particolare, i mercati Smartphone e Gaming, l’AI generativa e la Realtà Aumentata/Virtuale.

Dopo le vendite record registrate durante la pandemia, il mercato Tlc è infatti in una fase di stallo. Nel 2023, il mercato globale delle Telecomunicazioni ha subito una flessione del -0,6% in termini di fatturato, e per il 2024 si prevede una crescita ‘solo’ del +2%.
Ma senza innovazioni dirompenti, difficilmente si assisterà a una ripresa della domanda.

Smartphone: i consumatori chiedono applicazioni pratiche all’innovazione

Le prestazioni degli Smartphone continuano a migliorare, ma i consumatori hanno bisogno di applicazioni pratiche per sfruttare questa potenza. Se attualmente gli Smartphone sono utilizzati principalmente per le app di messaggistica (72%) o la fotografia (64%), il prossimo grande passo arriverà con l’implementazione diffusa dell’AI generativa.

Ma se il salto di innovazione non è percepito come veramente significativo, i consumatori preferiscono aspettare prima di acquistare un nuovo dispositivo. Inoltre, nel 2023, per la prima volta, la quota maggiore di nuovi acquirenti di Smartphone (35%) possedeva un dispositivo di due o tre anni, mentre nel 2022, ne possedeva uno di uno/due anni.

Metaverso: tendenza alla premiumization

Se il clamore pubblico intorno al Metaverso si è un po’ attenuato il settore continua a evolvere, con una diversificazione tra consumatori interessati e non.
Mentre le vendite totali di dispositivi legati al Metaverso sono diminuite del -2% a unità nel 2023, i ricavi generati sono aumentati del +15%. La tendenza alla ‘premiumization’ si riflette nel fatto che i consumatori interessati a queste innovazioni hanno investito in prodotti più avanzati di Realtà Aumentata (AR), Mista (MR) o Virtuale (VR).

Di conseguenza, la quota di fatturato degli visori AR e MR è cresciuta del 30%, raggiungendo 225 milioni di dollari nel 2023, rispetto al 4% del 2022.
Sono però notevoli le differenze nel modo in cui questo trend si manifesta nelle diverse aree del Mondo.

Visori AR/MR/VR ancora prodotti di nicchia

Mentre la maggior parte dei visori MR è stata acquistata in Europa occidentale (83% fatturato globale), la maggioranza dei visori AR è stata acquistata in Cina (98%).
Allo stesso tempo, in Cina crolla la domanda di dispositivi VR tradizionali (-55% vs 2022), mentre nel resto del mondo la VR sta ancora registrando una leggera crescita dei ricavi (+3%).

Le ragioni di queste differenze non sono legate solo alle preferenze dei consumatori, ma anche alla distribuzione. Alcuni dispositivi semplicemente non sono disponibili in alcuni mercati.
In ogni caso, il mercato delle Telecomunicazioni potrebbe ricevere un notevole impulso se i visori AR, MR o VR diventassero adatti all’uso quotidiano invece di rimanere un prodotto di nicchia per il Gaming.

Gestione del rischio: perchè anticipare è cruciale per la resilienza delle imprese?

In un’epoca definita ‘permacrisi’, una condizione di crisi permanente caratterizzata dal susseguirsi e sovrapporsi di situazioni d’emergenza, per le aziende la gestione del rischio emerge come elemento chiave per la sostenibilità e la prosperità.
Negli ultimi tre anni, caratterizzati da pandemia, crisi energetica e conflitti, le imprese hanno dovuto affrontare sfide senza precedenti. Secondo il Global Esg, Compliance and Risk Report 2023 del Boston Consulting Group, la differenza tra sopravvivere e prosperare sta nella capacità di anticipare e gestire i rischi in modo efficace.

L’analisi del Boston Consulting Group offre una prospettiva basata su interviste condotte con dirigenti di 150 gruppi operanti in vari settori e mercati. E nonostante sembri che il peggio sia alle spalle e l’economia stia rallentando tagliare i costi nella gestione del rischio sarebbe un errore. 

L’era della permacrisi

Investire nella prevenzione e gestione dei rischi, da quelli tradizionali, come carenze di manodopera o tecnologie obsolete, a quelli emergenti, legati a crisi climatica, responsabilità Esg, regolamentazione, cyberattacchi e Intelligenza artificiale, risulta cruciale. 
La gestione del rischio, poi, non è più un aspetto rilevante solo per il settore finanziario, ma è altrettanto essenziale per settori come energia e trasporti.

La continuità operativa in situazioni estreme, come pandemie o cyberattacchi su larga scala, diventa imperativa per tutte le aziende. Esiste un divario evidente tra le aziende esperte nella gestione del rischio e quelle meno mature, ma c’è una crescente consapevolezza di integrare la gestione dei rischi con le attività aziendali.

Una competenza determinante nel superare le crisi recenti 

I risultati del sondaggio mostrano che circa tre quarti delle aziende esperte nella gestione del rischio attribuiscono a questa competenza un ruolo determinante nel superare le recenti crisi, mentre solo il 37% delle imprese meno mature condivide la stessa percezione.

La dimensione aziendale gioca un ruolo chiave, con l’importanza dei sistemi di controllo che aumenta con la grandezza del gruppo.
Le aziende più grandi beneficiano di efficaci prevenzioni dei rischi, utilizzando comitati ad hoc, incorporando la gestione del rischio nella strategia industriale e analizzando i dati. Tecnologie come l’Intelligenza artificiale vengono utilizzate per prevedere e mitigare i rischi.

Le sfide per le imprese in via di sviluppo

La sfida per le imprese nelle prime fasi di sviluppo della gestione del rischio è la mancanza di supporto dei vertici e la cultura aziendale non adeguata per affrontare i pericoli emergenti.
La chiave per passare da dilettanti ad aziende mature nella gestione del rischio è, quindi, quella di istituire un organismo centrale che definisca una strategia basata su un’analisi approfondita dei rischi tradizionali ed emergenti.

Il flusso informativo deve essere bidirezionale, dai livelli operativi al comitato strategico, riporta Adnkronos. La raccolta e l’analisi in tempo reale dei dati, potenziate dall’uso di AI, sono fondamentali.
Personale con competenze strategiche, capacità di analisi dei dati e capacità di guidare l’azienda verso un nuovo modello di gestione del rischio sono i prossimi passi che le aziende devono muovere.

Sustainable and Responsible Investment: risparmiatori e Pmi italiane

Sono due le ricerche di BVA Doxa condotte in collaborazione con il Forum per la Finanza Sostenibile nell’ambito delle settimane dedicate alla Sustainable and Responsible Investment (SRI), una focalizzata sui risparmiatori e l’altra sulle Pmi italiane. L’appuntamento sull’Investimento Sostenibile e Rsponsabile si è svolto tra Milano, Roma e online dal 14 al 28 novembre.
Il primo studio di BVA Doxa, dal titolo ‘Risparmiatori italiani, investimenti sostenibili e settore agroalimentare’, ha approfondito gli orientamenti degli investitori retail rispetto agli investimenti ESG, in particolare, relativi al settore agroalimentare.

L’indagine, realizza con il sostegno di AllianzGI e Anasf, ha coinvolto 1.400 risparmiatori che nell’ultimo anno hanno investito almeno 1.000 euro, di cui 505 almeno 20.000 euro. E a quanto risulta dalla ricerca, il 78% degli intervistati conosce, o quantomeno, ha sentito parlare di investimenti sostenibili, e il 21% ha già sottoscritto prodotti SRI.

Comparto agroalimentare e investimenti ESG

Da parte degli italiani emerge interesse per il settore agroalimentare: il 65% di chi conosce gli investimenti sostenibili sarebbe disponibile a investire con criteri ESG nel comparto, considerato dal 46% fondamentale per la sostenibilità ambientale.

Per la metà dei risparmiatori che conoscono gli investimenti sostenibili, nel corso dell’ultimo anno sono aumentate le informazioni sui prodotti SRI fornite dalla banca, dall’assicurazione o dal consulente finanziario.
Il 47% degli intervistati percepisce inoltre un aumento delle competenze e dell’attenzione da parte del settore finanziario.

Aziende, policrisi e finanza responsabile

La seconda settimana di eventi si è chiusa con la presentazione della seconda ricerca di BVA Doxa, ‘Pmi italiane, policrisi e finanza sostenibile: le opportunità per le imprese’, realizzata in collaborazione con Finlombarda, Forum della Finanza Sostenibile, e con il sostegno di BPER Banca ed ENPACL.
Allo studio hanno partecipato 450 Pmi, che hanno dimostrato di essere pienamente coinvolte nel processo di trasformazione sostenibile.

Per il 56% delle aziende i temi ESG hanno un ruolo ‘molto importante’ nelle scelte strategiche e di investimento. Un dato in forte aumento rispetto al 27% rilevato nell’indagine condotta nel 2020 (46% nel 2022).
I fattori da considerare nella spinta all’adozione di criteri ESG nelle strategie aziendali sono le aspettative del mercato e degli stakeholder.
Il 70% delle Pmi coinvolte nell’indagine dichiara di aver ricevuto richieste specifiche da clienti (35%), stakeholder interni, banche, compagnie assicurative, fornitori e investitori.

Si affacciano nuovi strumenti finanziari diversi dal credito

Per finanziare i progetti sostenibili la maggior parte delle Pmi guarda ancora alle banche, ma oltre la metà esprime apertura in merito a nuovi strumenti finanziari, per ora scelti dal 18% delle aziende.
La propensione da parte degli operatori appare comunque abbastanza diffusa. Il 54% delle imprese ha ricevuto proposte di strumenti diversi dal credito.

La sostenibilità viene associata a obblighi legali (68% delle Pmi è abbastanza o molto d’accordo) o alle richieste e aspettative del mercato. Ma può diventare anche un fattore competitivo (86% abbastanza o molto d’accordo nel ritenere che la sostenibilità offra questa opportunità), e può contribuire a ridurre rischi rilevanti anche dal punto di vista economico e finanziario (82%).

Internazionalizzazione del Made in Italy agroalimentare, perchè è necessario? 

L’internazionalizzazione è uno dei temi caldi dell’industria italiana. E le è ancora di più quando si parla delle imprese agroalimentari, comparto al centro del dibattito pubblico ed economico per molti anni. I vari governi italiani hanno spesso fissato obiettivi di crescita delle esportazioni, accompagnati da strumenti e sostegni per conquistare quote di mercato in tutto il mondo.
Un’operazione mirata a colpire la vendita di prodotti contraffatti, noti come “italian sounding”, che fanno concorrenza slealmente al vero e tipico Made in Italy.

Esportazioni aumentate dell’85%  in dieci anni

Negli anni, le esportazioni agroalimentari dall’Italia sono cresciute significativamente. Nel 2022, le vendite all’estero hanno raggiunto i 58,8 miliardi di euro, rispetto ai 31,9 miliardi di dieci anni prima, con un aumento del 85%, superiore a quello dell’export manifatturiero generale (+59%).

Tuttavia, c’è una propensione all’export relativamente bassa nel settore agroalimentare, misurata come percentuale del fatturato totale. Mentre il settore manifatturiero ha una media del 48%, nel food&beverage questa percentuale si colloca sotto il 30%. Questo è dovuto in parte alla frammentazione delle imprese, con l’86% delle aziende con meno di 10 dipendenti, responsabili solo del 10% del fatturato totale.

Un divario da colmare

Questo divario strutturale ha impedito all’Italia di sfruttare appieno il suo potenziale di crescita nelle esportazioni. Al contrario, paesi concorrenti come la Germania, con imprese più strutturate, hanno una maggiore propensione all’export, nonostante una minore notorietà del cibo tedesco rispetto a quello italiano. Un motivo chiave di questa sfida è il declino demografico italiano.
Molti piccoli e medi produttori alimentari sono orientati solo al mercato nazionale. Tuttavia, entro il 2050, la popolazione italiana dovrebbe diminuire di 5 milioni di persone, con un invecchiamento demografico progressivo. Questo avrà un impatto significativo sui consumi alimentari, con una popolazione più anziana che consuma meno e preferisce cibi diversi.

Questi mutamenti sono già evidenti, ad esempio nel settore del vino, dove i consumi sono diminuiti negli ultimi vent’anni. Le abitudini di consumo sono cambiate, e i prodotti alimentari devono adattarsi a questa nuova realtà.

Una scelta obbligata

Pertanto, l’internazionalizzazione è diventata una scelta obbligata per garantire la continuità delle imprese alimentari italiane e dell’intera filiera agroalimentare.
Gli operatori del settore devono adottare un’approccio più strategico, utilizzando strumenti di intelligence di mercato e soluzioni di internazionalizzazione per sviluppare progetti di business sostenibili e redditizi, con una visione a medio-lungo termine.

In sintesi, l’Italia ha un enorme potenziale di crescita nelle esportazioni agroalimentari, ma deve affrontare sfide strutturali e demografiche per sfruttarlo appieno. L’internazionalizzazione è diventata una necessità per garantire il futuro successo del settore.

AI generativa: per i dirigenti i vantaggi superano le preoccupazioni

È quanto emerge dall’ultimo report del Capgemini Research Institute (Harnessing the value of generative AI: Top use cases across industries): nonostante i rischi potenziali in termini di violazione del copyright e di cybersecurity, il 74% dei dirigenti ritiene che i vantaggi offerti dall’AI generativa siano superiori alle preoccupazioni a essa associate. Il 40% delle organizzazioni dispone già di un team e un budget interamente dedicati a questa tecnologia, e per il 70% dei dirigenti l’AI generativa consentirà alle organizzazioni di ampliare il raggio d’azione dei knowledge worker. E il 96% sostiene che questa tecnologia sia uno dei temi più rilevanti per i Cda aziendali.

Design di prodotti e customer service più efficienti e accessibili

Le piattaforme o gli strumenti basati sull’AI generativa ritenuti più rilevanti sono i chatbot per automatizzare il customer service e migliorare i processi di knowledge management (83%), così come progettazione, raccolta e sintesi dei dati (75%), La maggior parte dei dirigenti ritiene inoltre che l’AI generativa renderà il design di prodotti e servizi più efficiente (78%) e accessibile (76%), favorirà lo sviluppo di customer experience più interattive e coinvolgenti (71%), e migliorerà il customer service grazie a un’assistenza automatizzata e personalizzata (67%).

Valore aggiunto anche in ambito sales o marketing & comunicazione

Entro tre anni, e dopo aver implementato con successo l’AI generativa, i dirigenti prevedono una serie di vantaggi: aumento dell’8% delle vendite, riduzione dei costi pari al 7%, miglioramento del 9% in termini di engagement, soddisfazione dei clienti ed efficienza operativa.  I dirigenti ritengono che questa tecnologia possa apportare valore aggiunto anche in ambito sales (54%) e marketing e comunicazione (48%). I dirigenti del settore high-tech sono quelli più convinti (84%) che l’impatto complessivo dell’AI generativa sarà positivo. Quasi il 70% afferma che le loro organizzazioni hanno all’attivo progetti pilota di AI generativa e il 18% ha già implementato l’AI generativa in alcune sedi o funzioni aziendali. I due casi d’uso principali riguardano la modellazione 3D per forme dettagliate e la manutenzione predittiva.

Nuovi ruoli e competenze: l’AI auditor e l’AI ethicist

Secondo il 69% delle aziende, l’AI generativa sarà in grado di sviluppare concetti e design iniziali dei progetti, di conseguenza, il ruolo dei dipendenti si sposterà dalla fase di progettazione e creazione a quella di revisione e perfezionamento degli stessi. La ricerca evidenzia come per il 69% dei dirigenti l’AI generativa favorirà l’emergere di nuovi ruoli, come AI auditor e AI ethicist. Con l’introduzione di nuovi ruoli basati sull’AI generativa, il 68% degli executive ritiene che l’integrazione della tecnologia all’interno dell’organico richiederà investimenti significativi in termini di upskilling e cross-skilling delle competenze.

L’importanza del passcode nell’iPhone e i consigli per renderlo più sicuro

Si parla spesso dell’importanza di password forti e uniche, quelle stringhe alfanumeriche usate per proteggere gli account online. Ma è il passcode, la breve stringa di numeri utilizzata per sbloccare lo smartphone, a presentare una vulnerabilità unica. E un recente aggiornamento di Apple non risolve il problema. L’azienda ha introdotto la possibilità di utilizzare chiavi di sicurezza hardware, piccoli dongle USB, per proteggere l’ID Apple. Ma nei test condotti dal Wall Street Journal, le chiavi di sicurezza non hanno impedito la modifica dell’account utilizzando solo il codice di accesso, e il codice di accesso stesso poteva perfino essere utilizzato per rimuovere le chiavi di sicurezza dall’account.

Rendere più difficile ai ladri l’accesso ai dati sul dispositivo

Non è sempre possibile evitare il furto del dispositivo, ma è possibile rendere più difficile ai ladri l’accesso ai dati sul dispositivo. Prima di tutto, coprire lo schermo in pubblico. Secondo le forze dell’ordine, i ladri escogitano modi intelligenti per imparare i codici di accesso delle persone, tra cui filmarle da lontano. Quando si è in giro, affidarsi a Face ID o Touch ID ogni volta possibile, per evitare che il codice di accesso venga spiato. Nel caso in cui si debba digitarlo, trattare il codice di accesso come il PIN di un bancomat. Non digitare mai il codice davanti a estranei. Inoltre, rafforzare il codice di accesso. Utilizzare almeno sei cifre e renderlo complesso. Non più 1-2-3-4. I codici di accesso più lunghi sono più difficili da ‘scalfire’.

Utilizzare un gestore di password di terze parti

Nelle impostazioni di Display e luminosità, impostare il blocco automatico su 30 secondi, il tempo più breve possibile, in modo da non lasciare il telefono sbloccato per troppo tempo.
Attivare poi una protezione aggiuntiva. Alcune app, come Venmo, PayPal e Cash App, consentono di aggiungere un codice di accesso. Basta non usare lo stesso dell’iPhone.
E magari utilizzare un gestore di password di terze parti, come 1Password o Dashlane, che offrono l’autenticazione biometrica, ma richiedono una master password separata in caso di fallimento.

Cosa fare se l’iPhone è stato rubato

Inoltre, eliminare le scansioni di informazioni sensibili. Se si ha bisogno di copie digitali di documenti sensibili, riferisce Agi, utilizzare l’archiviazione sicura dei file in un gestore di password di terze parti.  E se vi rubano l’iPhone, agite rapidamente. Accedete a iCloud.com su un altro dispositivo prima possibile e fate clic su Trova dispositivi per cancellare il telefono da remoto. Quindi, chiamate il vostro operatore telefonico o recatevi in un negozio per disattivare la SIM del telefono rubato, in modo che il ladro non possa ricevere i codici di verifica. E ricordare di accedere agli account sensibili, come Google, Venmo e Amazon, per cambiare le password e revocare l’accesso dal dispositivo rubato.

Quale sistema di filtraggio dell’acqua è il più efficiente per una piscina?

Se stai pensando di far installare una piscina in giardino o ne hai già una, è essenziale mantenere l’acqua pulita e igienicamente sicura per garantirne un utilizzo piacevole a tutti.

Una delle principali attività di manutenzione per farlo è il sistema di filtraggio dell’acqua. Ne esistono di diversi tipi in commercio, ed oggi ti illustreremo i principali in modo da aiutarti a scegliere il sistema di filtraggio più efficiente in base al tuo tipo di piscina o abitudini di utilizzo.

Come funziona un sistema di filtraggio dell’acqua per la piscina?

Prima di entrare nei dettagli dei diversi tipi di sistemi di filtraggio, è importante capire come questi funzionano in generale.

Un sistema di filtraggio dell’acqua per piscine è composto da una pompa che spinge l’acqua attraverso un filtro.

Tale filtro ha il compito di rimuovere le particelle di sporco e altre impurità dall’acqua, mantenendola pulita e chiara. L’acqua filtrata viene poi restituita alla piscina attraverso degli appositi ugelli.

Tipi di sistemi di filtraggio dell’acqua per la piscina

Esistono sostanzialmente tre tipologie di sistemi filtranti per la piscina: quello ad elettrolizzatore, lo sterilizzatore a sale, oppure il compressore. Vediamo in dettaglio le caratteristiche di ciascun sistema.

  • Sistema di filtraggio dell’acqua ad elettrolizzatore: il sistema di filtraggio dell’acqua ad elettrolizzatore è una delle soluzioni più diffuse per il filtraggio dell’acqua delle piscine. Questo sistema utilizza un elettrolizzatore per convertire il sale in cloro, che viene poi utilizzato per pulire l’acqua. Il cloro è un disinfettante efficace che uccide i batteri e le alghe presenti nell’acqua. L’uso di un elettrolizzatore riduce la necessità di aggiungere cloro manualmente alla tua piscina.
  • Sistema di filtraggio dell’acqua con sterilizzatore a sale: il sistema di filtraggio dell’acqua con sterilizzatore a sale funziona in modo simile al sistema ad elettrolizzatore. Tuttavia, invece di usare l’elettrolizzatore per produrre cloro, questo sistema utilizza il sale per creare una soluzione salina nell’acqua. La soluzione salina viene poi trattata con un generatore di cloro per produrre cloro, che pulisce l’acqua. Questo sistema è meno costoso e richiede meno manutenzione rispetto al sistema ad elettrolizzatore.
  • Sistema di filtraggio dell’acqua con compressore: il sistema di filtraggio dell’acqua con compressore utilizza un compressore per spingere l’acqua attraverso un filtro. Questo sistema è meno elaborato rispetto ai sistemi ad elettrolizzatore o a sterilizzatore a sale, ma può ugualmente offrire una pulizia adeguata per le piscine di piccole e medie dimensioni. Se stai pensando di far installare una di quelle piscine in acciaio prefabbricate, questa potrebbe essere la soluzione che fa al caso tuo.

Cosa considerare nella scelta del sistema di filtraggio dell’acqua per la piscina

La scelta del sistema di filtraggio dell’acqua per la piscina dipende da diversi fattori, tra cui la dimensione della piscina, il clima e la frequenza d’uso.

Se la tua piscina è grande o viene frequentemente utilizzata, un sistema ad elettrolizzatore o a sterilizzatore a sale potrebbe essere la scelta migliore. Se la piscina è più piccola o viene utilizzata meno frequentemente, un sistema con compressore potrebbe essere sufficiente.

Dunque non c’è una soluzione che a prescindere sia migliore delle altre, in quanto tutto dipende dalle proprie abitudini e dalla frequenza di utilizzo della piscina.

Conclusioni

Per concludere, la scelta del sistema di filtraggio dell’acqua per la piscina dipende fondamentalmente dalle esigenze individuali.

È importante comunque prevedere la presenza di un sistema di filtraggio così che si possa usufruire sempre di un’acqua pulita e sana nella propria piscina, con la presenza di batteri o altre impurità praticamente azzerata.

Adoperando il giusto sistema di filtraggio dell’acqua, sarà possibile usufruire di una piscina pulita e sicura per tutto l’estate.

Relazione con i clienti: il settore turistico è immaturo

In Italia solo il 2% delle imprese del settore turistico ha instaurato con i clienti una relazione continuativa, mentre il 37% riesce a farlo solamente su alcuni canali di contatto o per alcune categoria di clienti o attività. Quasi due terzi delle imprese, poi, interagisce con i clienti solo nel momento dell’effettiva vendita o fruizione del servizio. In pratica, il percorso delle aziende del turismo verso la creazione di una relazione coerente e integrata con i clienti è ancora lungo. Le aziende italiane del turismo non conoscono i propri clienti: solo il 6% delle imprese ha una buona conoscenza di profili, gusti e preferenze dei visitatori, mentre il 38% non ne ha nemmeno una conoscenza sufficiente.
Emerge dal rapporto sulla digitalizzazione dei canali di vendita nel settore turistico, realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait.

Poche imprese possiedono una Single Customer View

Una situazione di immaturità che impedisce di avere una visione completa dei turisti nazionali e internazionali che scelgono l’Italia come destinazione. Solo il 27% delle imprese del settore ha infatti raggiunto la cosiddetta Single Customer View, mentre il 43% ha iniziato a costruirla solo con alcuni dati a disposizione, e tra i rimanenti, circa un terzo non ha ancora integrato nessuna tipologia di dato.
Tutto ciò si ripercuote sulla qualità dell’offerta di un settore centrale per l’economia italiana.

Canali di contatto: social network, siti web, email e contact center

“Dobbiamo essere aperti alla rivoluzione tecnologica e digitale per avvicinare le nostre meraviglie nel modo migliore ai nostri visitatori – afferma Alberto Bazzi, direttore di Digital Business Technologies di Minsait Italia -. E questo significa concentrare l’innovazione in tre aree prioritarie: Dati, Customer Experience e Phygital”.
Nel turismo italiano, i principali canali di contatto utilizzati nella relazione con i visitatori sono social network, siti web proprietari, email e contact center, presidiati dalla quasi totalità delle imprese del settore. Per quanto riguarda i canali transazionali, emergono le strutture ricettive (hotel e i villaggi vacanze) e i siti web, che svolgono un ruolo chiave anche nelle attività di customer relations e comunicazione unidirezionale, affiancati dalle agenzie viaggi, social network, contact center e siti di aggregatori online.

La strada per l’omnicanalità è ancora lunga

Tuttavia, la presenza in questi canali non garantisce un’efficace integrazione dei dati raccolti. Il settore, infatti, non ha ancora raggiunto una vera omnicanalità. Solo il 16% delle aziende è in grado di tracciare i propri clienti su tutti i canali, mentre il 60% riesce a farlo solamente su alcuni (ad esempio, quelli digitali). Il 24% delle imprese non è invece in grado di riconoscere i clienti quanto si interfacciano con i canali aziendali. Il 51% delle aziende turistiche, però, ha iniziato a raccogliere le informazioni in un singolo database o in più database comunicanti tra loro, sebbene resti ancora lontana una vera integrazione digitale. Le imprese non hanno infatti ancora un’infrastruttura tecnologica evoluta, come un’architettura a microservizi, o un Digital Integration Hub.

La Realtà virtuale modifica le emozioni umane?

Con l’emergere della realtà phygital le cyberemozioni segneranno la trasformazione dell’esperienza soggettiva, influenzando in modi nuovi, e ancora in parte impredicibili, i nostri comportamenti.
Ne sono convinti Andrea Gaggioli, ordinario di Psicologia generale Dipartimento di Psicologia Università Cattolica, campus di Milano e direttore Centro studi e ricerche di psicologia della comunicazione (PsiCom), e la professoressa Alice Chirico (PsiCom), che hanno pubblicato un editoriale sulla rivista Cyberpsychology, Behaviour and Social Networking, issue.
“Grazie alla crescente integrazione di realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale nel tessuto della nostra esistenza, potremmo sperimentare nuove forme di emozioni che non avevamo mai provato prima – spiegano Gaggioli e Riva all’Adnkronos -. L’evoluzione dei media, quindi, plasma e trasforma le nostre esperienze, e le emozioni sono la fucina di questa trasformazione. Queste esperienze emotive ‘emergenti’ dall’interazione con i mondi phygital potrebbero quindi portarci a sviluppare nuovi modi di espressione, comunicazione e comprensione delle emozioni altrui”.

Gli effetti della natura nella realtà virtuale 

Se viviamo la natura, anche in modo virtuale, e sperimentiamo un senso di profonda meraviglia di fronte a essa, diveniamo più inclini a difendere il pianeta.
Lo studio ha esaminato l’impatto ecologico di due scenari naturali in realtà virtuale (una foresta e un parco brullo), uno scenario non legato alla natura, ma in grado di indurre meraviglia (la visione della Terra dallo spazio), e un ambiente neutro dal punto di vista emotivo, raffigurante una stanza.
“Per misurare gli effetti delle esperienze virtuali abbiamo preso in esame due comportamenti”, spiegano i ricercatori: firmare o meno una petizione reale contro la produzione di imballaggi in plastica o prendere volantini relativi alla petizione da condividere poi con altre persone.

La “meraviglia” e il coinvolgimento sociale verso la tutela dell’ambiente

I risultati hanno evidenziato che sebbene tutti gli ambienti naturali simulati promuovano comportamenti a favore dell’ambiente, solo quello in grado di indurre profonda meraviglia porta le persone a prendere un maggior numero di volantini contro la produzione della plastica.
“Questi risultati riconfermano il ruolo chiave dell’esposizione ad ambienti naturali in realtà virtuale nel promuovere comportamenti ecologici – sottolinea Chirico -, sottolineando il valore aggiunto di un ambiente naturale in grado di suscitare profonda meraviglia nel sostenere un maggiore coinvolgimento sociale verso la tutela dell’ambiente”.

Cyberemozioni: nuovi approcci terapeutici, educativi e di sensibilizzazione

“Le cyberemozioni, ovvero le emozioni generate e sperimentate in ambienti virtuali come la realtà virtuale, offrono opportunità uniche per comprendere meglio il funzionamento degli stati affettivi umani e per sviluppare nuovi approcci terapeutici, educativi e di sensibilizzazione – commentano Riva e Gaggioli -. Il futuro dello studio delle emozioni virtuali appare promettente e ricco di scoperte entusiasmanti, che potrebbero avere un impatto significativo sulla nostra comprensione delle emozioni umane e sulla qualità della nostra vita”.

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