La pandemia sta sconvolgendo modi di vivere e modelli produttivi, ma apre anche una riflessione su come ripensare le abitazioni e le città per vincere le sfide delle green city. Il dossier Pandemia e sfide green del nostro tempo, elaborato dal Green City Network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in partnership con Ecomondo – Key Energy, affronta i temi legati ai consumi e al vivere green nello scenario dell’emergenza sanitaria.

“Potremmo vivere questo incredibile periodo di forzata sperimentazione collettiva come occasione da cogliere per decidere di produrre nuove forme e nuovi spazi dell’abitare – afferma Fabrizio Tucci, Professore ordinario della Sapienza Università di Roma e Coordinatore del Green City Network – più inclusivi per le fasce più deboli, e più in linea con gli obiettivi propri di quello che definiamo green city approach”.

Ripensare il rapporto tra uomo e cibo

L’emergenza sanitaria deve spingerci a ripensare il rapporto tra uomo e cibo, a partire proprio dalle città, che nel 2050 ospiteranno il 70% della popolazione mondiale. Ma le vicende di questi giorni, si legge nel dossier, hanno messo in evidenza come sistemi colturali troppo aggressivi possano determinare, anche indirettamente, conseguenze negative sugli equilibri ambientali e sul benessere della popolazione. Consumando ci limitiamo a vedere solo i prodotti finiti che utilizziamo e gli oggetti che usiamo, ma difficilmente riflettiamo sul fatto che questi prodotti/oggetti sono fatti con materiali prelevati in grandi quantità in diverse parti del mondo. Occorre quindi fare il possibile per evitare un crollo della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti. E l’economia circolare, riporta Adnkrono,s è una scelta necessaria per il futuro dell’economia.

Nel breve periodo crollano le emissioni di Co2

Il crollo dei consumi energetici nelle attività produttive e nel trasporto sta generando una riduzione delle emissioni di Co2 nel breve periodo. Prevedibilmente, però, non durerà, e non dovrebbe portare a sottovalutare l’impegno necessario e di lungo termine per contrastare il riscaldamento globale. I consumi medi di una abitazione italiana normalizzati rispetto alle condizioni climatiche medie europee sono alti, pari a 1,91 tep/anno, contro i 1,66 tep/anno della Germania, i 1,58 tep/anno della Danimarca, o i 1,28 tep/anno della Svezia. Solo il Belgio (1,95 tep/anno) e il Lussemburgo (2,36 tep/anno) fanno peggio dell’Italia. In questo quadro la decarbonizzazione del settore civile resta una priorità.

Abitare le città con il green building approach

Le città sono prive di traffico da quando il coronavirus ha costretto tutti a restare a casa. Per evitare che a crisi finita si ritorni al traffico congestionato e inquinante si deve aprire una riflessione sul modello di mobilità urbana e su come cambiarlo. I cambiamenti riguardano però anche l’abitare. Lo smart working ha fatto sì che l’abitazione sia concepita non più solo come dormitorio, ma anche luogo di lavoro, studio e cultura, svago e socialità. La pandemia ha anche insegnato l’importanza di balconi, terrazzi, cortili e giardini, anche condominiali. Spazi intermedi che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, con il green building approach.