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Costo della vita, come lo vivono i cittadini del mondo? 

Inutile negare che, a livello global, gli ultimi mesi siano stati segnati da un deciso incremento del costo della vita. Un aumento legato alla crisi energetica, al conflitto in Ucraina e ad altre variabili che comunque pesano sulle tasche dei cittadini. E, a proposito d cittadini, come vivono questa situazione? Come la frontino? Per esplorare il sentiment a livello globale è stato realizzato l’Annual WIN World Survey 2022, report che fotografa la situazione finanziaria e l’impatto di inflazione e crescita dei costi nella vita dei cittadini di 39 Paesi, sulla base di quasi 30.000 interviste. I dati sull’Italia sono stati raccolti ed elaborati da BVA Doxa, parte dell’Associazione promotrice WIN International.

Le ragioni dietro gli aumenti generalizzati 

Il costo della vita è aumentato a causa di diversi fattori, tra i quali la pandemia e crisi politiche ed economiche che hanno colpito diversi paesi del mondo. Su questo scenario, in Italia più che in altri Paesi la maggioranza mantiene uno stile di vita equilibrato, senza né eccessi né difficoltà (48% degli intervistati, dato che supera la media europea del 41% e quella globale del 36%).

Diminuisce la quota di chi è senza preoccupazioni

Si riduce la quota di chi vive senza preoccupazioni (21% in Italia vs 26% di media europea e 25% quella globale), mentre chi è in difficoltà ad arrivare a fine mese è il 28% (in linea con il 29% dell’Europa e meglio del 36% a livello mondiale). Paesi come la Germania mostrano una spaccatura più netta tra chi vive con agio (38%) e chi invece è in sofferenza (34)%. Rispetto all’Italia la situazione è leggermente migliore in UK e Francia, rispettivamente con il 27% e il 26% che dichiara di vivere serenamente, mentre il 29% e il 28% sono coloro che non riescono ad affrontare gli aumenti del carovita.

Strategie per ridurre le spese

A causa dell’aumento dei prezzi, per molti è necessario ridurre e spese. Una necessità affrontata da quasi la metà (48%) degli intervistati in tutto il modo, con un 29% che prevede di farlo nei prossimi mesi, mentre il 19% non prevede cambiamenti nel proprio stile di vita e consumo. Tra questi ci sono i più senior, che possono probabilmente contare sui risparmi: infatti il dato di coloro che non prevedono modifiche al budget delle spese sale al 21% per la fascia 55-64 anni e al 24% fra gli over 65.
In generale i cittadini e consumatori Europei sono sensibili al tema del contenimento delle spese: il 54% degli intervistati dichiara tagli negli ultimi mesi, mentre chi li prevede nei prossimi è il 24%. In linea anche l’Italia: a ridurre le spese sono stati il 49% degli italiani, mentre il 30% prevede di farlo.

I lavoratori italiani hanno difficoltà con l’inglese: eppure sarà la lingua delle imprese

Oltre la metà dei lavoratori italiani ha difficoltà con l’inglese. Eppure questa lingua sta sempre più diventando quella ufficiale all’interno di un numero crescente di aziende. Specie se si tratta di start up e di imprese digital. Lo rivela Twenix, società impegnata nel settore EdTech che offre percorsi formativi linguistici a imprese e professionisti e che ha stilato uno studio sul crescente fenomeno dell’ anglofonia aziendale. “La comunicazione corporate, in realtà come la nostra, che hanno la fortuna di possedere talenti internazionali e che godono di una diversità culturale, utilizza l’inglese come lingua universale nella maggior parte dei processi, affinché tutti i dipendenti che non parlano la lingua madre aziendale (nel nostro caso, lo spagnolo) possano condividere informazioni e sentirsi parte della comunità” ha detto Beatriz López Arredondo, head of people di Twenix. “Abbiamo identificato questa necessità a partire dagli inizi del 2022 e nel 2023 continueremo a evolvere in questo senso e tutto ciò che avrà a che vedere con le comunicazioni di interesse globale sarà in inglese”.

L’anglofonia aziendale

È il caso di Twenix, società impegnata nel settore EdTech che offre percorsi formativi linguistici a imprese e professionisti e che ha stilato uno studio sul crescente fenomeno dell’ anglofonia aziendale. «La comunicazione corporate, in realtà come la nostra, che hanno la fortuna di possedere talenti internazionali e che godono di una diversità culturale, utilizza l’inglese come lingua universale nella maggior parte dei processi, affinché tutti i dipendenti che non parlano la lingua madre aziendale (nel nostro caso, lo spagnolo) possano condividere informazioni e sentirsi parte della comunità» afferma Beatriz López Arredondo, Head of People di Twenix. «Abbiamo identificato questa necessità a partire dagli inizi del 2022 e nel 2023 continueremo a evolvere in questo senso e tutto ciò che avrà a che vedere con le comunicazioni di interesse globale sarà in inglese, con una peculiarità: preferiamo che alcuni documenti rimangano nella lingua madre di determinati team per generare un ambiente amichevole per tutti i nostri collaboratori».

Un fenomeno globale

Si tratta di un fenomeno di portata globale, che non si limita al territorio occidentale, ma che si estende anche all’Oriente, come nel caso di grandi compagnie come Samsung, Honda e Lenovo. Multinazionali cui si aggiungono sempre più spesso piccole e medie imprese e startup, che, al pari delle grandi, si aprono ai mercati esteri o accolgono team internazionali.

L’importanza di adottare un linguaggio comune 

Adottare un linguaggio comune in ambito professionale ha una valenza assodata. Lo conferma uno studio dell’Intelligence Unit di The Economist, che ha analizzato gli effetti di una comunicazione che non “funziona”. La mancanza di un linguaggio comune, così come una comunicazione non efficace, può compromettere le performance di un’impresa. I risultati di un simile fenomeno sono: ritardi o fallimenti nel portare a termine progetti (44% dei casi); morale più basso dei team (31% dei casi); mancato raggiungimento di obiettivi di performance (25% dei casi); perdite economiche (18% dei casi).

Nel 2023 l’Italia crescerà dello 0,6%

Incertezza economica e aumento dei prezzi hanno causato un cambio di rotta nella politica monetaria, che ha portato un aumento del tasso di interesse di riferimento tale da rendere più onerosi gli investimenti per le imprese e influenzare negativamente la domanda di beni e servizi. Ciò in futuro avrà un impatto sulle emissioni di debito pubblico, con una maggiore pressione sulle finanze dello stato e sulla sostenibilità del debito stesso, che in Italia si attesta intorno al 150% del Pil.

Il report di EY Italian Macroeconomic Bulletin indica per l’Italia una crescita del Pil reale del 3,8% nel 2022 e dello 0,6% nel 2023, mentre il tasso di inflazione dovrebbe passare dall’8,2% del 2022 al 7,1% nel 2023. Il deficit pubblico dovrebbe attestarsi al 4,1% nel 2023 contro il 5% nel 2022, mentre il debito pubblico dovrebbe scendere al 145% del Pil. Per il mercato del lavoro si prevede una leggera espansione, con il tasso di disoccupazione che dovrebbe scendere poco sotto l’8%.

Inflazione: 11,8% a novembre 2022 

A novembre 2022 l’inflazione complessiva in Italia era l’11,8% rispetto allo stesso mese del 2021. Nonostante la componente energetica sia quella che ha registrato l’aumento maggiore, il suo peso è pari a circa il 10% del totale, motivo per il quale tali dinamiche si riflettano solo in parte sull’Ipc.

Nella definizione del tasso di inflazione, infatti, influisce molto più il settore servizi (38,7% al 2022) rispetto a quello dell’energia. Un altro indicatore influenzato da un’elevata inflazione è la crescita del valore nominale dei salari, che dovrebbero aumentare per contrastare la riduzione del potere d’acquisto dei consumatori.

Una crescita interrotta nel terzo trimestre 2022

In Italia i dati indicano una costante crescita economica, che prosegue consecutivamente da sette trimestri, seppur con un rallentamento registrato nel terzo trimestre del 2022. In questo periodo, infatti, il Pil è cresciuto dello 0,5% rispetto al trimestre precedente, e del 2,6% rispetto allo stesso trimestre del 2021. Il principale contributo alla crescita registrata già l’anno scorso, e proseguita nei primi 9 mesi del 2022, è dovuto ai consumi delle famiglie e agli investimenti. 

Quarto trimestre 2023: rallentano esportazioni e investimenti

Nello specifico, gli investimenti rappresentano la componente più dinamica del Pil, con un aumento di circa il 20% rispetto al terzo trimestre 2019. Anche i consumi hanno avuto una crescita considerevole, tornando ad allinearsi con la fase pre-pandemia. Il modello econometrico di EY stima per il quarto trimestre 2023 una lieve contrazione del Pil rispetto al trimestre precedente, dovuta in particolare alla riduzione dei consumi delle famiglie, che dovrebbe protrarsi anche nei primi mesi 2023 per stabilizzarsi nel corso dell’anno. Le previsioni indicano un rallentamento anche delle esportazioni e degli investimenti, dovuto allo scenario economico incerto e ai tassi di interesse elevati.

Fintech & Insurtech: 900 milioni di euro raccolti in Italia

L’ecosistema Fintech & Insurtech italiano nel 2022 continua a crescere, con un numero sempre maggiore di attori, ricavi, e utenti che apprezzano i servizi digital finanziari e assicurativi. In Italia si contano 630 startup e scaleup Fintech & Insurtech (di cui 27 costituite da gennaio a oggi), capaci di raccogliere oltre 900 milioni di euro di funding nel 2022.
Permane un alto livello di concentrazione: il 5% delle startup/scaleup ha raccolto il 90% del funding totale, mentre Milano è l’indiscussa capitale con il 69% degli investimenti complessivi. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano.

Buoni segnali arrivano dai ricavi

Buoni segnali arrivano dai ricavi: quelli mediani per startup/scaleup previsti a fine 2022 sono quasi il doppio rispetto a quelli 2021, ma ancora non si generano stabilmente EBITDA e flussi di cassa positivi. E solo il 44% delle realtà è in grado di guardare ai mercati esteri. In generale, la proposta delle startup/scaleup italiane è rivolta più alle Pmi (71%) che ai consumatori (39%), ma non è da sottovalutare il 60% che si rivolge a istituti finanziari. L’83% delle realtà innovative ha in corso partnership, soprattutto per avvalersi del network di contatti strategici o delle competenze del relativo partner.

Ecosistema vivace, e clienti sempre più interessati a proposte innovative

“Nel 2022 la situazione geopolitica, l’inflazione crescente e l’aumento dei tassi di interesse hanno rapidamente mutato lo scenario per il settore bancario e assicurativo. In un contesto di crescente complessità, non mancano i segnali positivi per il Fintech e Insurtech italiano – afferma Marco Giorgino, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech -. L’ecosistema è vivace e i clienti si dimostrano sempre più interessati alle proposte innovative sia delle startup sia degli incumbent, come si nota dalla crescente predisposizione a condividere dati e affidarsi a nuovi attori in ottica Embedded Finance & Insurance”.

L’Insurtech

Analizzando il solo Insurtech, nel 2022 si contano 120 startup attive, 4 costituite nell’ultimo anno, che hanno raccolto 420 milioni di euro a partire dal 2009, mediamente 3,5 milioni di euro per startup (leggermente inferiore rispetto a tutto il Fintech che si stabilizza a 5,8 milioni), e 53 milioni nel solo 2022. Anche l’Insurtech è trainato dal Nord Italia e in particolare da Milano, dove hanno sede 41 realtà che nel 2022 hanno raccolto 31 milioni di euro. Un segnale positivo viene dai ricavi, che se nel 2021 erano mediamente inferiori rispetto al Fintech, nel 2022 sono cresciuti sensibilmente (+95% vs +70%), portando il settore a pari livello con il Fintech. Simile al resto del Fintech è la distribuzione della tipologia di clientela, composta per il 70% delle realtà da imprese, per il 63% da istituzioni finanziarie, principalmente compagnie assicurative e broker, e solo il 45% da privati.

Bollette del gas: nel 2022 arrivano a oltre 1.750 euro, il 54% in più del 2021

Durante il mese di novembre 2022, secondo le simulazioni effettuate dal portale di comparazione prezzi Facile.it, una famiglia tipo con un contratto di fornitura stipulato nel mercato tutelato dovrà mettere a budget ben 143 euro per la sola bolletta del gas, il 26% in più rispetto a novembre dello scorso anno. Di fatto, dopo la tregua di ottobre il prezzo del gas è tornato a crescere, e le bollette sono diventate decisamente più salate per le famiglie italiane. Se i prezzi dovessero rimanere su questi livelli fino alla fine dell’anno, si legge in una nota di Facile.it, la spesa complessiva per tutto il 2022 relativa alla fornitura di gas, sempre per una famiglia tipo con un contatto nel mercato tutelato, sarà superiore a 1.750 euro. Vale a dire il 54% in più rispetto allo scorso anno.

Dopo la tregua di ottobre tariffe di nuovo in aumento. A novembre +13,7%

Si tratta di alcuni dati emersi da una analisi realizzata da Facile.it, che ha tenuto in considerazione le nuove tariffe per l’energia comunicate dall’Autorità relative al mese di novembre di quest’anno.
“Le condizioni eccezionali di ottobre hanno portato a un calo del prezzo del gas, ma come previsto le tariffe sono tornate a crescere, con un aumento che a novembre è stato del 13,7%, andando di fatto ad annullare la diminuzione del mese precedente”, ha spiegato Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it.

“Una brutta notizia soprattutto per chi è ancora nel mercato tutelato”

“Una brutta notizia per tutti coloro che si trovano ancora oggi nel mercato tutelato e che fa presagire un inverno complicato dal punto di vista delle bollette – ha aggiunto Mario Rasimelli -. Proprio per questo il consiglio non è solo quello di continuare a fare attenzione ai propri consumi, ma anche guardare alle offerte presenti sul mercato libero, perché il passaggio potrebbe essere una soluzione per contrastare, almeno in parte, i costi elevati”.

Il 2022 sarà l’anno più costoso di sempre: 3.100 euro tra luce e gas

Insomma, secondo gli esperti di Facile.it il 2022 sarà l’anno più costoso di sempre per quanto riguarda la spesa dell’energia. Di fatto, sommando le bollette del gas a quelle per l’elettricità la spesa complessiva di una famiglia tipo con un contratto di fornitura stipulato nel mercato tutelato quest’anno potrebbe addirittura sfiorare i 3.100 euro. Ovvero, il 74% in più rispetto al 2021.

Come pulire il box doccia dal calcare

I moderni box doccia sono accattivanti, vantano un design davvero pregevole ed offrono un livello di comfort certamente superiore ai modelli disponibili sul mercato qualche anno fa.

Certamente il calcare rappresenta però un elemento in grado di “intaccare” la bellezza del piatto doccia e del box direttamente, soprattutto quando le pareti in vetro sono completamente trasparenti.

Prima di accennare ad alcuni metodi particolarmente efficaci per la rimozione del calcare, bisogna ricordare che il trattamento anticalcare TPA che possono vantare alcuni box doccia consente di mantenere i vetri puliti senza fare fatica.

Questa è un’ottima opzione se desideri evitare che avvenga nel tempo quel fastidioso accumulo di calcare nei vetri della tua doccia, preservando così il prodotto nel corso del tempo.

Eliminare il calcare dal box doccia: i metodi

Ad ogni modo, ecco di seguito alcuni tra i metodi più efficaci per eliminare il calcare dal tuo box doccia.

Evita i metodi chimici

I metodi chimici potrebbero certamente essere più efficaci di quelli tradizionali, ma a lungo andare potrebbero rovinare il tuo box doccia.

Allo stesso tempo, l’impiego di prodotti chimici potrebbe avere un influsso negativo anche sulla tua salute, dato che sono aggressivi, nonché pericolosi per l’ambiente dato che viaggeranno all’interno dello scarico per raggiungere poi fiumi o mari.

Meglio allora ricorrere ad altri metodi ed evitare così di andare incontro a questo tipo di problematiche.

Prova con gli ingredienti naturali

Puoi rimuovere il calcare dal tuo box doccia sfruttando degli ingredienti naturali che tutti abbiamo in casa: limone, bicarbonato e aceto.

Puoi diluire l’aceto bianco con dell’acqua per pulire le pareti del tuo box doccia: vedrai che le sue caratteristiche sono perfette per aiutarti ad avere pareti della doccia perfettamente pulite, senza aloni e soprattutto senza alcun residuo di calcare.

Anche il bicarbonato ha delle ottime proprietà anticalcare, oltre ad essere efficace nell’eliminazione di muffe tipiche dei luoghi più umidi come il bagno.

In particolar modo, puoi sfruttare le caratteristiche del bicarbonato proprio per pulire il piatto doccia: vedrai che il risultato finale sarà una superficie perfettamente lucida e sanificata.

Ed il limone? Usalo per un pretrattamento efficace. Strofinalo sulle parti da ripulire e lascialo agire qualche minuto prima di cominciare con le operazioni di pulizia vere e proprie, vedrai che il risultato finale sarà stupefacente.

Ricorda di adoperare una spugna non troppo abrasiva per le operazioni di rimozione dello sporco, e sciacqua subito dopo con abbondante acqua corrente.

Esiste un metodo naturale anche per pulire le guarnizioni della doccia?

Sicuramente è possibile pulire adeguatamente anche le guarnizioni della doccia con dei metodi naturali.

In particolar modo, puoi adoperare la stessa mistura di cui sopra aggiungendo però un cucchiaio di alcool denaturato.

L’alcool ha infatti capacità sgrassante, oltre che sanificatrice, e rimuoverà dalle guarnizioni della tua doccia ogni residuo di calcare, nonché muffa ed altro tipo di sporco.

Anche in questo caso ricorda di sciacquare adeguatamente al termine delle operazioni di pulizia, così da rimuovere ogni eventuale residuo o impurità.

In che modo è possibile prevenire la formazione del calcare?

Per quel che riguarda il tuo box doccia, l’idea di prevenire a monte la formazione del calcare può essere un’ottima idea. Tipicamente infatti, le operazioni di prevenzione della formazione del calcare in un box doccia sono meno “faticose” rispetto quelle di rimozione.

Per prevenire la formazione del calcare dunque, dopo aver adoperato la doccia possiamo spruzzare (mediante un apposito flaconcino con nebulizzatore) una miscela di acqua e aceto direttamente sul piatto doccia e sulle pareti di vetro dopo l’utilizzo.

Subito dopo puoi asciugare con un panno o adoperare un piccolo tergidoccia.

Strategia omnicanalità “avanzata”: nel 2022 solo per il 6% delle imprese

Secondo i risultati della sesta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano solo il 6% delle grandi e medio-grandi aziende in Italia adotta un approccio realmente avanzato all’omnicanalità. Il 22% sta invece muovendo i primi passi, e inizia a percepire l’esigenza e a definire gli obiettivi della strategia omnicanale. E se il 75% delle imprese ha intrapreso, seppur con differenti livelli di maturità, un percorso di trasformazione omnicanale, manca ancora un approccio chiaro e sistemico.
“La trasformazione omnicanale è pervasiva e coinvolge l’intera organizzazione – commenta Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio -. Tutte le funzioni e i processi aziendali, dal Marketing alla Logistica, dalla Produzione alle Vendite, devono suonare all’unisono, avendo come obiettivo il miglioramento dell’esperienza del cliente. Ciò richiede un forte commitment del vertice aziendale, e nella maggior parte dei casi, una profonda trasformazione organizzativa”. 

Progettare una data strategy

La concreta implementazione della trasformazione omnicanale presuppone la progettazione di una chiara data strategy. La maggioranza delle aziende si focalizza ancora esclusivamente su dati derivanti dall’anagrafica o lo storico d’acquisto, mentre solo il 33% gestisce dati più complessi. Un responsabile unico per l’Omnichannel Customer Experience (OCX) è poi presente solo nel 36% delle aziende, e solo il 15% ha stanziato un budget complessivo per la trasformazione omnicanale. Inoltre, se circa il 60% delle esperienze che coinvolgono più di un canale non soddisfa i consumatori, il 98% degli utenti che ha vissuto esperienze interamente omnicanale si dichiara pienamente soddisfatto.

La Single Customer View

Per superare questo ostacolo è possibile sfruttare l’elevata propensione del consumatore online a condividere proprie informazioni a fronte di un vantaggio (87%). Non è però sufficiente raccogliere informazioni: queste vanno integrate in logica di Single Customer View, ma solo il 20% delle realtà include anche dati avanzati. Una volta raccolti e integrati i dati, la loro valorizzazione passa dalla capacità di analizzarli ed estrarne insight. Tuttavia si confermano ancora poche le realtà che riescono a compiere un passo avanti rispetto alle più tradizionali analisi descrittive. Gran parte delle imprese utilizza ancora tool come fogli di calcolo e CRM tradizionali, e solo il 27% adotta strumenti evoluti in grado di garantire una piena integrazione dei dati e fornire una vista unica sul cliente.

Aziende ancora poco mature

Se il 52% delle aziende ha attivato uno strumento di automazione in ambito marketing, solo il 16% ha costruito piani di interazione mirati sulle esigenze degli specifici clienti. Nel 78% dei casi c’è poi la consapevolezza di dover integrare le strategie di vendita, ma per il 57% la forza vendita non è valutata sulla soddisfazione del cliente, e ancora poche realtà misurano l’efficacia delle iniziative omnicanale implementate con modelli di misurazione avanzati. La maturità delle aziende è ancora molto bassa anche per l’approccio al Customer Care. In particolare, solo il 9% delle aziende ha implementato strumenti di deep analytics, e circa un’azienda su due aggiunge alle tradizionali attività di assistenza post-vendita anche quelle di assistenza tecnica, vendita e attività di ‘close the loop’.

Previsioni mercato globale del lusso: +21% nel 2022

È quanto emerge dall’Altagamma Consensus 2023 e dall’Altagamma-Bain Worldwide Luxury Market Monitor: nonostante le turbolenze economiche, nel 2022 il mercato luxury globale supera con decisione i livelli pre-Covid crescendo del 21% e sfiorando quota 1.400 miliardi di euro. Ma lo scenario si prospetta positivo anche nel 2023, con la marginalità delle imprese del settore prevista a +6%. Si tratta di risultati che si inquadrano all’interno di un percorso positivo anche nel lungo termine. Se per i personal luxury goods nel 2022 la crescita è stimata del +22% (353 miliardi), nel 2030 il loro valore di mercato dovrebbe salire a circa 540-580 miliardi, con un aumento del 60% o più rispetto all’anno ancora in corso.

Europa e Stati Uniti +5%, America Latina e Giappone +6%

Per l’Europa si prevede una crescita del 5%, grazie all’aumento dei viaggi internazionali che compenseranno la più debole domanda interna. Anche per gli Stati Uniti si prevede una crescita del 5%, mentre per America Latina e Giappone del +6%. In Cina, grazie all’effetto rebound, i consumi potrebbero crescere del 9%. La Cina sul lungo periodo resta il più grande mercato del lusso, trainato dalla classe media, dalle nuove generazioni e dallo sviluppo di nuovi poli. Per il Middle East si prevede invece un +7%, con aree come Emirati Arabi e Turchia che non avendo imposto sanzioni si stanno avvantaggiando dei consumi dei russi.

Consumi: Cina +10% nel 2023

I consumatori cinesi saranno i best performer nel 2023 (+10%), ma l’effetto rebound dei consumi beneficerà in generale i mercati asiatici (+8%). Meno brillanti i consumi di giapponesi (+5%), e americani (+5%), ed è più cauto lo spending europeo (+4%). Tutte le categorie merceologiche vedranno un aumento delle vendite. Si riconferma la leadership degli accessori, che continuano nel loro trend positivo: +8,5% pelletteria e +7% calzature, mentre abbigliamento (+6%) e cosmesi (+5,5%) confermano il tasso di crescita del 2022. L’hard luxury prosegue il suo trend positivo, in particolare nella gioielleria (+8%), mentre più bassa la crescita degli orologi (+5%). Se per il retail digitale si prevede una crescita del 8% e per i negozi fisici del +7%, il wholesale fisico resta fragile (+3,5%), mentre il wholesale digitale si normalizzerà al +5,5%.

Crescita positiva per il 95% dei marchi grazie a GenY e GenZ

L’esito finale di quest’anno dipenderà in gran parte dalla revoca delle restrizioni in Cina legate alla pandemia, dall’evoluzione della fiducia dei consumatori di lusso europei e americani e dalla potenziale recessione nelle economie di Stati Uniti ed Europa. Nonostante le sfide economiche, nel 2022, riporta Askanews, il mercato luxury ha comunque generato una crescita positiva per il 95% dei marchi, con Usa, Europa e Asia (esclusa la Cina) in testa alla crescita.
La GenY e la GenZ hanno rappresentato l’intera crescita del mercato nel 2022. Al 2030, la spesa della Gen Z e della Gen Alpha è destinata a crescere circa tre volte più velocemente rispetto alle altre generazioni, fino a costituire un terzo del mercato e in virtù di un’attitudine più precoce di questi consumatori verso il lusso.

Sharing Mobility: nel 2021 continua a crescere

Malgrado le limitazioni dovute alle misure di contenimento, la Sharing Mobility mostra segnali di ripresa, e nelle città italiane continua a crescere come nel periodo pre pandemia.
Secondo i dati del 6° rapporto dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, il fatturato complessivo del settore nel 2021 è in crescita del 52% rispetto al 2020, raggiungendo 130 milioni di euro. Sempre nel 2021, si raggiungono 35 milioni di noleggi (+61% vs 2020 e +25% vs 2019) e 133,4 milioni di chilometri percorsi (+44% vs 2020 e +0,3% vs 2019). Inoltre, aumentano le corse, ma per tratti più brevi, quasi a testimoniare la capillarità del servizio.

Monopattini, bikesharing, scooter, carsharing

Il monopattino sembra essere il mezzo più utilizzato: con 17,8 milioni di viaggi copre più del 50% del totale dei noleggi in Sharing Mobility, e crescendo del 143% raddoppia la performance del 2020. Il bikesharing cresce del 42% rispetto al 2020, ma rispetto al 2019 presenta un calo: -37% free floating e -36% station based. Crescono, invece, gli scooter (+5%), mentre il carsharing appare ancora in difficoltà, sia free floating (-8,6% vs 2020 e -52% vs 2019) sia station based (+22% vs 2020 -19% vs 2019). L’aumento della durata e la minor contrazione dei chilometri percorsi potrebbero indicare una tipologia di utenti diversi rispetto al passato. E non è un caso che vengano scelte auto a quattro porte e con la possibilità di assolvere a più funzioni.

La flotta di mezzi

Al 31 dicembre si contano 190 servizi attivi in Italia, 32 in più rispetto al 2020 e 90 in più rispetto al 2019. La flotta di mezzi condivisi raggiunge la quota di 89mila veicoli (+5% vs 2020): 31% bici, 51% monopattini, 10% scooter e 7% auto. Il 94,5% dei veicoli in condivisione è a zero emissioni, o veicoli completamente elettrici o senza motore. Nel carsharing la quota dell’elettrico raggiunge il 20% per i veicoli free-floating e il 44% per lo station based. L’evoluzione della sharing mobility sta premiando sempre più i veicoli leggeri, di ridotte dimensioni ed elettrici. Se sommiamo la flotta dei ciclomotori, biciclette e monopattini arriviamo al 93% dell’intera flotta di mezzi in Sharing Mobility, +30% rispetto a 5 anni fa.

Quanto è conveniente?

Dal punto di vista economico, i servizi di Sharing Mobility presentano un costo medio a minuto di viaggio superiore a quello dei servizi di linea, ma inferiore al taxi. La combinazione di trasporto pubblico e servizi di sharing rispetto ai costi di possesso e utilizzo di un auto di proprietà consentirebbe infatti un risparmio annuo di 3.800 euro.
Quanto al primo semestre 2022, Roma e Milano confermano i dati positivi del 2021 mostrando un’ulteriore crescita. A Milano l’insieme dei noleggi registrati cresce del 113% e a Roma dell’83%, con un cumulativo di 12,6 milioni di noleggi. 

Come lavorare in sicurezza sul tetto di casa


In casa, si sa, le piccole operazioni di manutenzione sono costantemente necessarie nel corso dell’anno.

Si tratta spesso di interventi che riguardano gli impianti, le opere murarie o manutenzione destinata a dispositivi ed elettrodomestici di ogni tipo, ed il nostro intervento è spesso richiesto affinché il livello di comfort e benessere in casa possano essere sempre adeguati a quelle che sono le necessità ed aspettative della famiglia.

A tale necessità va certamente associato anche il desiderio di effettuare tutte le operazioni in sicurezza e dunque non mettere a rischio la nostra incolumità quando ci dedichiamo ad operazioni di questo tipo.

In particolar modo a rappresentare un pericolo sono tutti quegli interventi di manutenzione che vengono da noi effettuati sul tetto di casa, e le insidie che una eventuale caduta può comportare.

Gli interventi di manutenzione sul tetto di casa

Dunque i motivi per i quali abbiamo necessità di salire sul tetto di casa nel corso dell’anno possono essere i più vari.

Si va dalla manutenzione dell’antenna della televisione alle operazioni di riparazione delle tegole o impermeabilizzazione del tetto.

Può presentarsi inoltre la necessità di dover effettuare delle operazioni di manutenzione alla canna fumaria del camino o qualsiasi altro tipo di intervento che riguardi qualcosa che abbiamo posizionato sul tetto.

Per tutti questi tipi di lavori è necessario adoperare dei dispositivi di protezione che possano rendere nullo l’effetto di qualsiasi caduta, bloccandola anzitempo. Su tutti possiamo citare la linea vita per il tetto cui ancorare la propria imbracatura.

Cosa verificare prima di salire sul tetto

Ci sono tutta una serie di fattori che vanno verificati e considerati prima di salire sul tetto. In base a ciò, varia il livello di sicurezza e dunque le soluzioni che dobbiamo adottare per avere la certezza di non mettere a rischio la nostra incolumità.

  • Accessibilità: La prima cosa da verificare prima di salire sul tetto è l’accessibilità, e dunque la facilità con la quale possiamo accedere allo stesso. In alcuni casi vi è una comoda porta di servizio che consente di accedere al tetto, il che è una soluzione ideale. In altri casi è invece necessario adoperare una scala per salire sul tetto e qui la situazione potrebbe essere diversa, per questo bisogna dunque prestare maggiore attenzione.
  • Capacità di carico: Non tutte le coperture sono progettate in maniera tale da consentire di poter camminare agevolmente. In alcuni casi il tetto è robusto abbastanza da poter tranquillamente gestire il peso di una o più persone, mentre in altri casi non è così e dunque bisogna prestare particolarmente attenzione. Nel caso in cui si abbia un dubbio o se si ha la certezza che il proprio tetto non riesca a resistere al peso di una persona, in quei casi è preferibile installare un ponteggio.
  • Facilità di manovra: In base al tipo di lavoro che ci apprestiamo a svolgere sul tetto di casa, possiamo avere bisogno di una buona libertà di movimento. Tutto dipende dalla tipologia di tetto sulla quale ci apprestiamo a lavorare e le sue caratteristiche costruttive, le quali possono concedersi più o meno spazio. È importante dunque considerare in anticipo lo spazio a disposizione e quello necessario per compiere le operazioni di manutenzione, così da poter considerare in anticipo quali misure di sicurezza sia preferibile adottare.

Sulla base dell’analisi di questi parametri è dunque possibile individuare in maniera più precisa la soluzione che più delle altre ci consente di riuscire ad accedere in maniera sicura al tetto di casa e di poter lavorare avendo il giusto spazio a disposizione.

In questa maniera è possibile riuscire a portare a termine ogni tipo di intervento di manutenzione senza alcun tipo di problema ed in tutta sicurezza.

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