All’incirca 9 miliardi. A tanto ammonta la stangata che le famiglie italiane dovranno sostenere per le spesa alimentare a seguito dell’aumento dei prezzi. Prezzi cresciuti, e di molto, a causa della guerra in Ucraina e dell’effetto dell’inflazione che colpisce soprattutto le categorie più deboli. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat sui consumi degli italiani e dell’andamento dell’inflazione nei primi sei mesi dell’anno.

I maggiori aumenti riguardano la verdura 

In cima alla classifica dei rincari c’è la verdura che quest’anno costerà complessivamente alle famiglie dello Stivale 1,97 miliardi in più – sottolinea Coldiretti -, e precede sul podio pane, pasta e riso, con un aggravio di 1,65 miliardi, e carne e salumi, per i quali si stima una spesa superiore di 1,54 miliardi rispetto al 2021. Al quarto posto la frutta – continua Coldiretti -, con 0,92 miliardi, precede latte, formaggi e uova (0,78 miliardi), pesce (0,77 miliardi) e olio, burro e grassi (0,59 miliardi) che è però la categoria che nei primi sei mesi del 2022 ha visto correre maggiormente i prezzi. Seguono con esborsi aggiuntivi più ridotti le categorie “acque minerali, bevande analcoliche e succhi”, “zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolci”, “caffè, tè e cacao” e “sale, condimenti e alimenti per bambini”. 
Una situazione che aumento l’inflazione e con essa l’area dell’indigenza alimentare la cui punta dell’iceberg in Italia sono 2,6 milioni di persone costrette addirittura a chiedere aiuto per mangiare, che sono peraltro in aumento nel 2022 a causa della crisi scatenata dalla guerra in Ucraina con l’aumento dell’inflazione, dei prezzi alimentari e i rincari delle bollette energetiche.

Cosa spinge i prezzi verso l’alto

A spingere i rincari e l’aumento della dipendenza alimentare dall’estero è il fatto che nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari dell’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali, sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29%), aprendo la strada al rischio di un pericoloso abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno.
La situazione è pesante soprattutto sul fronte dei cereali a causa – spiega Coldiretti – dei contraccolpi della crisi globale scatenate dal conflitto in Ucraina con le importazioni di mais che sono aumentate in valore addirittura del 66%, spinte dai rincari e dalle speculazioni, e quelle di grano tenero per il pane sono cresciute della stessa percentuale – sottolinea Coldiretti -, mentre per l’olio di girasole si arriva al +83%. Ma crescono anche le importazioni di olio di palma (+35%), favorite dal fatto che in Italia viene ora consentito di non indicare nelle etichette degli alimenti la provenienza degli olii di semi indicati, mettendo a rischio la trasparenza dell’informazione ai consumatori.