Info, statistiche e referenze

Autore: Rosanna Lamberti (Pagina 2 di 14)

Bollette: cosa cambia per luce e gas nel 2024? 

A partire dal 10 gennaio dell’anno appena iniziato milioni di italiani sono obbligati a passare dal mercato tutelato per la fornitura di gas al mercato libero, mentre slitta al primo luglio 2024, rispetto alla scadenza prevista per il primo aprile, la fine del mercato tutelato per l’energia elettrica.

Ma gli italiani sono pronti a questo passaggio?
Pare di no. Secondo l’indagine commissionata da Facile.it agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat sono oltre 13 milioni gli utenti che nemmeno sono a conoscenza del fatto che il servizio di tutela sia destinato a chiudere. Addirittura, quasi 6 milioni di consumatori non sanno dire se il contratto che hanno attualmente sia nel mercato tutelato o in quello libero.

Tra il timore di restare senza fornitura e quello dell’aumento delle tariffe 

Analizzando più da vicino le risposte di chi ha dichiarato di avere un contratto di fornitura luce o gas nel mercato tutelato, ma non sapeva della fine del regime di tutela, emerge che quasi 2,5 milioni di italiani non hanno fatto ancora nulla per passare al mercato libero.

La scarsa conoscenza dell’argomento porta con sé, inevitabilmente, una serie di paure, alcune comprensibili, altre infondate.
Ad esempio, circa 1 milione di persone hanno dichiarato di temere di restare senza fornitura, mentre il 12% ha ammesso di aver paura per l’aumento delle tariffe.

Cosa succede a chi non sceglie?

Ma cosa accadrà per chi non passerà in autonomia al mercato libero prima della scadenza del servizio di tutela? Niente paura, non si corre il rischio di rimanere senza fornitura: l’Arera ha stabilito regole precise per i cosiddetti clienti non vulnerabili, ma che variano tra energia elettrica e gas.
Nel caso di fornitura elettrica, il cliente verrà assegnato tramite un’asta a un nuovo fornitore entrando così nel Servizio a tutele graduali, che avrà una durata di 3 anni ed è predisposto da Arera per accompagnare il passaggio al mercato libero dell’energia elettrica.

Per quanto riguarda il gas, invece, il cliente che non passerà al mercato libero di sua iniziativa rimarrà con l’fornitore, ma cambierà la tariffa. Gli verrà assegnata una tariffa simile a quelle Placet, valida per un anno, in attesa che faccia in autonomia una scelta sul mercato libero.

Occhio alla “spesa per materia energia”

Sul mercato libero operano centinaia di società differenti, i cui prezzi possono variare sensibilmente. È bene però ricordare che nel mercato libero i fornitori hanno la possibilità di modificare solo la componente ‘spesa per la materia energia’, voce che diventa quindi fondamentale per comparare diverse offerte.

Le altre voci, come ad esempio, oneri e imposte, sono uguali per tutti e sono stabilite dall’Autorità.
L’utilizzo dei comparatori o l’intervento di un consulente esperto può essere quindi una soluzione per confrontare nel modo corretto le offerte, e scegliere consapevolmente quella più adatta alle proprie esigenze.

Sustainable and Responsible Investment: risparmiatori e Pmi italiane

Sono due le ricerche di BVA Doxa condotte in collaborazione con il Forum per la Finanza Sostenibile nell’ambito delle settimane dedicate alla Sustainable and Responsible Investment (SRI), una focalizzata sui risparmiatori e l’altra sulle Pmi italiane. L’appuntamento sull’Investimento Sostenibile e Rsponsabile si è svolto tra Milano, Roma e online dal 14 al 28 novembre.
Il primo studio di BVA Doxa, dal titolo ‘Risparmiatori italiani, investimenti sostenibili e settore agroalimentare’, ha approfondito gli orientamenti degli investitori retail rispetto agli investimenti ESG, in particolare, relativi al settore agroalimentare.

L’indagine, realizza con il sostegno di AllianzGI e Anasf, ha coinvolto 1.400 risparmiatori che nell’ultimo anno hanno investito almeno 1.000 euro, di cui 505 almeno 20.000 euro. E a quanto risulta dalla ricerca, il 78% degli intervistati conosce, o quantomeno, ha sentito parlare di investimenti sostenibili, e il 21% ha già sottoscritto prodotti SRI.

Comparto agroalimentare e investimenti ESG

Da parte degli italiani emerge interesse per il settore agroalimentare: il 65% di chi conosce gli investimenti sostenibili sarebbe disponibile a investire con criteri ESG nel comparto, considerato dal 46% fondamentale per la sostenibilità ambientale.

Per la metà dei risparmiatori che conoscono gli investimenti sostenibili, nel corso dell’ultimo anno sono aumentate le informazioni sui prodotti SRI fornite dalla banca, dall’assicurazione o dal consulente finanziario.
Il 47% degli intervistati percepisce inoltre un aumento delle competenze e dell’attenzione da parte del settore finanziario.

Aziende, policrisi e finanza responsabile

La seconda settimana di eventi si è chiusa con la presentazione della seconda ricerca di BVA Doxa, ‘Pmi italiane, policrisi e finanza sostenibile: le opportunità per le imprese’, realizzata in collaborazione con Finlombarda, Forum della Finanza Sostenibile, e con il sostegno di BPER Banca ed ENPACL.
Allo studio hanno partecipato 450 Pmi, che hanno dimostrato di essere pienamente coinvolte nel processo di trasformazione sostenibile.

Per il 56% delle aziende i temi ESG hanno un ruolo ‘molto importante’ nelle scelte strategiche e di investimento. Un dato in forte aumento rispetto al 27% rilevato nell’indagine condotta nel 2020 (46% nel 2022).
I fattori da considerare nella spinta all’adozione di criteri ESG nelle strategie aziendali sono le aspettative del mercato e degli stakeholder.
Il 70% delle Pmi coinvolte nell’indagine dichiara di aver ricevuto richieste specifiche da clienti (35%), stakeholder interni, banche, compagnie assicurative, fornitori e investitori.

Si affacciano nuovi strumenti finanziari diversi dal credito

Per finanziare i progetti sostenibili la maggior parte delle Pmi guarda ancora alle banche, ma oltre la metà esprime apertura in merito a nuovi strumenti finanziari, per ora scelti dal 18% delle aziende.
La propensione da parte degli operatori appare comunque abbastanza diffusa. Il 54% delle imprese ha ricevuto proposte di strumenti diversi dal credito.

La sostenibilità viene associata a obblighi legali (68% delle Pmi è abbastanza o molto d’accordo) o alle richieste e aspettative del mercato. Ma può diventare anche un fattore competitivo (86% abbastanza o molto d’accordo nel ritenere che la sostenibilità offra questa opportunità), e può contribuire a ridurre rischi rilevanti anche dal punto di vista economico e finanziario (82%).

Nel post Covid Italia è seconda in Europa per congressi associativi  

Con 560 congressi organizzati nel 2022, per la prima volta negli ultimi 10 anni l’Italia è la seconda destinazione in Europa per congressi associativi internazionali, ed è terza al mondo dopo gli USA.
È emerso dai dati ICCA (International Congress and Convention Association) presentati durante la terza edizione degli Italian Knowledge Leaders, organizzata da Convention Bureau Italia assieme a Enit – Agenzia Nazionale del Turismo, con il sostegno dal Ministero del Turismo. 

In Europa l’Italia ha superato Spagna, Germania, Uk e Francia, ed è il Paese con più città nella Top 100 globale: Roma, Milano, Bologna, Firenze, Torino e Napoli.
Nell’era post Covid l’Italia diventa quindi il riferimento mondiale per congressi e convegni. Un trend che appare confermato anche nel 2023, e probabilmente anche nel 2024.

Diventare la nazione ospitante di un congresso non è scontato

Accademici, ricercatori, manager e professionisti di aziende continuano ad affluire da nord a sud Italia, portando un turismo di qualità e regalando prestigio al Paese.

Il turista congressuale, poi, spende circa due volte e mezzo rispetto a quanto spende un altro tipo di turista. Ma diventare la nazione ospitante di un congresso non è scontato: le associazioni internazionali scelgono le destinazioni attraverso un processo di candidatura, ed essere selezionati con frequenza contribuisce a valorizzare il patrimonio di un Paese e le sue eccellenze.

“Una leva strategica tra le più efficienti e funzionali dell’industria turistica”

“È soprattutto grazie a eventi come questo che l’Italia ha conquistato nel 2022 l’ambito podio della graduatoria ICCA, posizionandosi come terza Nazione a livello mondiale e seconda in quello europeo per il numero di congressi organizzati – commenta il ministro del Turismo Daniela Santanché -, caratterizzandosi per un sistema congressuale che ha saputo attirare oltre 21 milioni di partecipanti e quasi 32 milioni di presenze complessive. Il turismo dei congressi è una delle leve strategiche tra le più efficienti e funzionali dell’industria turistica, e a buon diritto rientra nella strategia di destagionalizzazione che abbiamo presentato al Primo Forum Internazionale del Turismo di Baveno, e che porteremo avanti con l’aiuto delle Regioni e i grandi operatori del settore”.

Impatto positivo sulle destinazioni in termini di legacy e sostenibilità

Dopo la pandemia le nazioni hanno ospitato meno congressi, ma l’Italia è lo Stato che ha saputo ripartire al meglio, anche grazie al lavoro delle associazioni locali.

“La nostra è un’industria che spesso viene confusa con quella del turismo, ma in realtà se ne differenzia molto per l’impatto positivo che lascia sulle destinazioni in termini di legacy e di sostenibilità – puntualizza Carlotta Ferrari, presidente del Convention Bureau Italia -. Un’industria che, inoltre, ha ai vertici delle proprie aziende una donna su tre. È importante che il pubblico ed il privato continuino a lavorare insieme, e che ci siano costanti investimenti in un settore così strategico per lo sviluppo delle destinazioni italiane”.

Turismo: in vacanza la spesa maggiore è per mangiare

Il cibo è la voce più importante del budget destinato alle vacanze estive in Italia, tanto che per molti turisti è diventato la principale motivazione del viaggio.
Lo dimostrano il boom del turismo enogastronomico, insieme alle numerose iniziative di valorizzazione dei prodotti tipici e locali, dalle sagre alle strade del vino.

Di fatto, oltre un terzo della spesa di italiani e stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola, ovvero, alla consumazione di pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi. Ma anche al cibo di strada o alle specialità enogastronomiche di mercati, feste e sagre di Paese.

L’alimentazione si conferma il vero valore aggiunto della vacanza Made in Italy

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione del Forum internazionale del turismo di Baveno, sul Lago Maggiore, a commento delle dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla “tantissima fame di Italia all’estero”.
Si tratta di uno scenario che, sottolinea la Coldiretti, dimostra per ‘la vacanza Made in Italy’ la centralità del patrimonio enogastronomico nazionale.

Un patrimonio diffuso su tutto il territorio, e dalla cui valorizzazione dipendono molte opportunità di sviluppo economico e occupazionale per il nostro Paese.
L’alimentazione si conferma quindi come il vero valore aggiunto della vacanza in Italia, ‘leader mondiale’ del turismo enogastronomico.

Tutti i numeri dell’Italia agricola green

Del resto, l’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa, con 5450 specialità censite dalle Regioni e ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, 325 specialità Dop, Igp, Stg riconosciute a livello comunitario, e 415 vini Doc e Docg.

Ma l’Italia può anche vantare la leadership nel ‘biologico’, con circa 86 mila aziende agricole biologiche e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (ogm), oltre ai 10 mila agricoltori che vendono direttamente con Campagna Amica.

Il legame naturale tra il cibo e l’ambiente che ci circonda

“L’Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare che peraltro ha contribuito a mantenere nel tempo un territorio con paesaggi di una bellezza unica – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che -: i tesori enogastronomici sono vere e proprie opere d’arte conservate gelosamente da generazioni di agricoltori che vanno difese dal rischio della falsificazione, dall’omologazione e dai tentativi di rompere il legame naturale tra il cibo che consumiamo e l’ambiente che ci circonda”.

Gender pay gap: le donne guadagnano 8mila euro in meno degli uomini

Dall’ultimo Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato emergono notevoli differenze salariali tra donne e uomini: quasi 8 mila euro di stipendio in meno all’anno.

A quanto rilevano i dati INPS il gender pay gap, o differenza di stipendio, in Italia è ancora molto elevato. Anzi, risulta addirittura in aumento, seppure di poco. Due anni fa, nel 2021, la differenza di stipendio tra donne e uomini era pari a 7.908 euro, mentre nel 2022 è salita a 7.922. 
Eppure, uno dei pilastri della parità di genere nel mondo del lavoro riguarda proprio la possibilità di allineare gli stipendi tra uomini e donne.

Retribuzione media annua: uomini 26.227 euro, donne 18.305

Più in dettaglio, la retribuzione media annua a livello nazionale per i dipendenti uomini del settore privato è 26.227 euro, mentre per le loro colleghe scende a 18.305.

Una delle motivazioni a parziale giustificazione della disparità di trattamento salariale va vista nella maggiore presenza di lavoratrici part-time, formula pagata meno rispetto al tempo pieno.
A tale proposito, nel 2022 le donne con lavoro part-time sono state oltre 3,5 milioni, contro poco più di 2 milioni di uomini.
Ma il divario di stipendio non è legato solo al genere.

Il gap colpisce anche i giovani e alcune zone del Paese

Anche all’età anagrafica e all’area territoriale. Nel primo caso, gli stipendi dei giovani oggi sono decisamente bassi rispetto al costo della vita e al potere d’acquisto. Inoltre, risulta improbabile che domani i giovani possano raggiungere gli stipendi degli attuali profili senior. 
Quanto alle diverse zone del Paese, l’Osservatorio INPS evidenzia come gli stipendi medi delle aziende private nelle regioni del Nord-Ovest siano decisamente più elevati di quelli delle altre aree territoriali.

In particolare, se la media al Nord-Ovest si attesta a 26.933 euro annui, al Nord-Est scende a 23.947 euro, e al Centro raggiunge 22.115 euro, quasi 5mila euro in meno.
Differenza che aumenta ancora più rispetto agli stipendi medi nelle regioni del Sud (16.959 euro) e delle Isole (16.641 euro): oltre 10mila euro in meno.

La UE istituisce l’Equal Pay Day

I dati sulla disparità retributiva giungono a pochi giorni dall’Equal Pay Day istituito dalla UE per sensibilizzare gli Stati membri a operare per ridurre il gender pay gap.

Nel 2021 in Europa, riporta Adnkronos, la differenzia salariale di genere si è attestata al 12,7%, calcolato sulla retribuzione oraria lorda media. Una percentuale che si traduce per le lavoratrici in circa un mese e mezzo di stipendio in meno all’anno.
Non a caso, nel 2023 la giornata europea per la parità retributiva è caduta il 15 novembre, che corrisponde idealmente al giorno in cui le donne smettono di percepire salario fino alla fine dell’anno.

Il sonno è fondamentale per la salute? 

Il sonno è essenziale per la salute mentale e il benessere in generale: ormai lo sappiamo tutti. Questa consapevolezza ha innescato una crescente domanda di prodotti e servizi mirati a migliorare il riposo. Dall’uso di tisane, integratori e medicine fino al monitoraggio con app e dispositivi sofisticati, il sonno è al centro dell’attenzione.
Così il mondo sta cercando di affrontare (e vincere) la sfida del sonno di qualità. Innanzitutto, l’interesse per la “nanna” ha portato innovazioni in vari settori. Oltre a dispositivi di monitoraggio del sonno e accessori, ora esiste la biancheria da letto che migliora il riposo. Ma sono nati addirittura hotel incentrati sul benessere che promettono notti da sogni d’oro. 

L’analisi del sonno e il suo impatto soprattutto sui giovani 

Nonostante l’attenzione crescente, la qualità del sonno sta registrano un calo in tutto il mondo. La durata media del riposo si è ridotta al di sotto delle 7 ore raccomandate. La qualità del riposo sta diminuendo in tutti i gruppi di età e regioni, con le donne che hanno subito cali più significativi. I più anziani hanno registrato un calo maggiore, soprattutto quelli oltre i 70 anni.
La mancanza di sonno regolare, e soprattutto il deficit, influenzano negativamente la qualità della vita. In particolare i giovani si concedono ancora meno ore di sonno rispetto agli over, tranne nei weekend dove  si dorme in media 44 minuti in più.

Consigli per dormire bene 

È possibile migliorare la qualità del sonno con alcune semplici pratiche da adottare quotidianamente. In particolare bisognerebbe evitare attività stressanti per almeno 90 minuti prima di dormire. Un’ora prima di andare a letto, bisognerebbe spegnere i dispositivi elettronici per favorire il rilascio di melatonina.
Infine, una mezz’ora prima di infilarsi fra le lenzuola potrebbe essere utile una doccia calda. Sempre, poi, la  camera ideale dovrebbe essere buia, fresca e silenziosa.

Sonno, alimentazione e peso corporeo 

Il sonno svolge un ruolo importante nel mantenimento del peso. Favorisce il risparmio di energia e l’utilizzo di riserve interne di grassi e glucosio per sostenere le attività quotidiane. Ancora, esistono alimenti ricchi di nutrienti che promuovono un buon riposo. Il succo di amarena, succo di barbabietola, kiwi e noci contengono melatonina, serotonina e antiossidanti che migliorano la qualità del sonno.
In sintesi, il sonno è essenziale per la salute mentale e il benessere. Nonostante l’aumento dell’interesse, la qualità del sonno sta diminuendo globalmente. È importante adottare pratiche salutari e prestare attenzione all’alimentazione per migliorare il sonno e mantenere un peso corporeo equilibrato. 

Saldo attivo fra aperture e chiusure imprenditoriali nel terzo trimestre

Buone notizie per quanto riguarda la situazione economica del nostro paese, al meno quella legata all’imprenditorialità. Nel trimestre luglio-settembre 2023, infatti, l’Italia ha visto una leggera ripresa nella vitalità del suo sistema imprenditoriale.
I dati, emersi dal Registro delle imprese delle Camere di Commercio – sulla base di Movimprese, l’analisi trimestrale condotta da Unioncamere e InfoCamere, segnalano un aumento delle aperture e una diminuzione delle chiusure rispetto al 2022. 

15.407 attività in più

Nel dettaglio, si è registrato un saldo positivo di 15.407 attività economiche, che rappresenta un aumento dello 0,26% rispetto alla fine di giugno. Questo saldo è calcolato come la differenza tra le 59.236 nuove iscrizioni e le 43.829 cessazioni di attività. In termini assoluti, l’espansione del settore imprenditoriale è stata moderata, con il saldo al di sotto della media degli ultimi dieci anni.
Le regioni e le macro-aree dell’Italia hanno tutte mostrato un segno positivo, con il Lazio in evidenza per un tasso di crescita del 0,44% rispetto al trimestre precedente, trainato dall’ottimo risultato di Roma, che ha registrato una crescita dell’0,5%.

Lombardia locomotiva d’Italia

Tuttavia, in termini assoluti, la maggiore espansione del tessuto imprenditoriale è stata osservata in Lombardia, con un aumento di 3.334 imprese, corrispondente a un tasso di crescita dello 0,35%. Milano ha contribuito in modo significativo a questo risultato, con una crescita dell’0,49% in linea con quella della capitale.

Il settore delle costruzioni è emerso come uno dei più dinamici, registrando un aumento di 4.213 imprese, equivalente a una crescita dello 0,5%. Le attività professionali, scientifiche e tecniche hanno mostrato un tasso di crescita del 1,1%, con 2.597 nuove attività nel trimestre. Anche il settore dell’alloggio e della ristorazione ha registrato una crescita significativa, con 2.825 nuove unità, pari all’0,62% in più rispetto alla fine di giugno.
Al contrario, i settori del commercio e delle attività manifatturiere hanno mostrato una crescita inferiore allo 0,1%. Unico tra tutti i settori, l’agricoltura, la silvicoltura e la pesca hanno registrato una diminuzione dello 0,1%.

La società di capitale la principale forma giuridica 

La forma organizzativa più dinamica rimane la società di capitale, con un tasso di crescita dell’0,68%. Nel trimestre, sono state create 19.929 imprese di questo tipo, rappresentando l’82% dell’intero saldo trimestrale.
L’impresa individuale rimane la forma organizzativa più comune, con 35.531 nuove iscrizioni nel trimestre, ma ha contribuito al saldo trimestrale con sole 3.935 unità, pari a un tasso di crescita trimestrale dello 0,13%.

Spedizioni di PC a -9% nel terzo trimestre 2023 

A livello globale nel terzo trimestre 2023 le spedizioni di pc sono scese del 9% rispetto allo stesso trimestre del 2022, e risultate pari a 64,3 milioni di unità.
Si tratta dell’ottavo trimestre consecutivo in calo, ma Gartner prevede una crescita a partire dal quarto trimestre di quest’anno.

“Il declino del mercato dei pc ha finalmente raggiunto il fondo”, commenta Mikako Kitagawa, direttore analista Gartner.
Più in particolare, le spedizioni nel terzo trimestre sono state sostenute dalla domanda stagionale da parte del mercato dell’istruzione, mentre la domanda di pc aziendali è rimasta debole. Inoltre, i fornitori hanno compiuto progressi verso la riduzione delle scorte, ed entro la fine dell’anno l’inventario dovrebbe tornare alla normalità, A condizione che durante le festività le vendite non crollino.

I dati di Lenovo, HP, Dell, Apple

Con una quota di mercato pari al 25,1% Lenovo mantiene il primo posto nelle spedizioni, e sebbene registri ancora una volta un calo delle spedizioni anno su anno, questo si riduce a una sola cifra (-4,4%). Nel frattempo HP è l’unico fornitore a mostrare una crescita anno su anno (+6,4%), con spedizioni in aumento in tutte le regioni. Dell invece registra un calo delle spedizioni per il sesto trimestre consecutivo (-14,2%), influenzato dalla debole domanda di pc aziendali dovuta alla sua forte presenza sul mercato.

Quanto a Apple, le spedizioni diminuiscono drasticamente rispetto al 2022 (-24,2%), in parte perché il volume delle stesse era aumentato in modo significativo nel terzo trimestre 2022. In ogni caso, nel terzo trimestre 2023 seguono l’andamento stagionale, guidate principalmente dalla domanda di studenti ed educatori.

Pc aziendali e consumer pronti per il ciclo di sostituzione 

“La buona notizia per i fornitori di pc è che il peggio potrebbe finire entro la fine del 2023 – afferma Kitagawa -. Il mercato dei pc aziendali è pronto per il prossimo ciclo di sostituzione, guidato dagli aggiornamenti di Windows 11. Anche la domanda di pc consumer dovrebbe iniziare a riprendersi, poiché i pc acquistati durante la pandemia stanno entrando nelle prime fasi di un ciclo di aggiornamento”.

Per il 2024 Gartner prevede quindi una crescita del 4,9% per il mercato mondiale dei pc. E la crescita è prevista sia nel segmento business sia in quello consumer.

La situazione nei diversi mercati

Se nel terzo trimestre del 2023 il mercato statunitense dei pc diminuisce del 9,3% su base annua, e nell’Asia Pacifico del 13%, trainato da un forte calo del 20% in Cina, in area EMEA diminuisce del 3,6%. Continui disordini politici, pressioni inflazionistiche e aumento dei tassi di interesse sono culminati in un nuovo minimo nella domanda, sebbene il calo del terzo trimestre sia stato meno grave rispetto ai due precedenti.

“Mentre le aziende riducono i budget per i pc come strategia di gestione dei costi – continua Kitagawa la domanda dei consumatori nell’EMEA rimane bassa, poiché tutte le fasce di reddito sono influenzate dalle pressioni inflazionistiche e dai tassi di interesse”.

Internazionalizzazione del Made in Italy agroalimentare, perchè è necessario? 

L’internazionalizzazione è uno dei temi caldi dell’industria italiana. E le è ancora di più quando si parla delle imprese agroalimentari, comparto al centro del dibattito pubblico ed economico per molti anni. I vari governi italiani hanno spesso fissato obiettivi di crescita delle esportazioni, accompagnati da strumenti e sostegni per conquistare quote di mercato in tutto il mondo.
Un’operazione mirata a colpire la vendita di prodotti contraffatti, noti come “italian sounding”, che fanno concorrenza slealmente al vero e tipico Made in Italy.

Esportazioni aumentate dell’85%  in dieci anni

Negli anni, le esportazioni agroalimentari dall’Italia sono cresciute significativamente. Nel 2022, le vendite all’estero hanno raggiunto i 58,8 miliardi di euro, rispetto ai 31,9 miliardi di dieci anni prima, con un aumento del 85%, superiore a quello dell’export manifatturiero generale (+59%).

Tuttavia, c’è una propensione all’export relativamente bassa nel settore agroalimentare, misurata come percentuale del fatturato totale. Mentre il settore manifatturiero ha una media del 48%, nel food&beverage questa percentuale si colloca sotto il 30%. Questo è dovuto in parte alla frammentazione delle imprese, con l’86% delle aziende con meno di 10 dipendenti, responsabili solo del 10% del fatturato totale.

Un divario da colmare

Questo divario strutturale ha impedito all’Italia di sfruttare appieno il suo potenziale di crescita nelle esportazioni. Al contrario, paesi concorrenti come la Germania, con imprese più strutturate, hanno una maggiore propensione all’export, nonostante una minore notorietà del cibo tedesco rispetto a quello italiano. Un motivo chiave di questa sfida è il declino demografico italiano.
Molti piccoli e medi produttori alimentari sono orientati solo al mercato nazionale. Tuttavia, entro il 2050, la popolazione italiana dovrebbe diminuire di 5 milioni di persone, con un invecchiamento demografico progressivo. Questo avrà un impatto significativo sui consumi alimentari, con una popolazione più anziana che consuma meno e preferisce cibi diversi.

Questi mutamenti sono già evidenti, ad esempio nel settore del vino, dove i consumi sono diminuiti negli ultimi vent’anni. Le abitudini di consumo sono cambiate, e i prodotti alimentari devono adattarsi a questa nuova realtà.

Una scelta obbligata

Pertanto, l’internazionalizzazione è diventata una scelta obbligata per garantire la continuità delle imprese alimentari italiane e dell’intera filiera agroalimentare.
Gli operatori del settore devono adottare un’approccio più strategico, utilizzando strumenti di intelligence di mercato e soluzioni di internazionalizzazione per sviluppare progetti di business sostenibili e redditizi, con una visione a medio-lungo termine.

In sintesi, l’Italia ha un enorme potenziale di crescita nelle esportazioni agroalimentari, ma deve affrontare sfide strutturali e demografiche per sfruttarlo appieno. L’internazionalizzazione è diventata una necessità per garantire il futuro successo del settore.

Tornare al lavoro dopo le vacanze? Per 9 lavoratori su 10 che stress!

Il rientro al lavoro dopo le ferie può risultare complesso e faticoso. Per 9 lavoratori su 10 rientrare in ufficio dopo le ferie ha un vero e proprio impatto negativo sul benessere, che può cause addirittura la cosiddetta ‘sindrome post-vacanze’. Secondo un’indagine condotta da The Adecco Group, il 46% sperimenta questo disagio per quasi una settimana, mentre per quasi 1 lavoratore su 5 (19%) i sintomi persistono per un periodo ancora più prolungato. Per il restante 25%, invece, il disagio si attenua entro 1 o 2 giorni dal rientro. Le vacanze estive rappresentano per la maggior parte degli italiani un’occasione per staccare dalla routine quotidiana e dedicarsi al relax, senza obblighi né orari. Ma come evitare lo stress causato dalla sindrome del post-vacanze?

Ripristinare gradualmente la routine e i cicli sonno-veglia

Lidia Molinari, People Advisor Director di Adecco, propone alcuni suggerimenti per prepararsi a un rientro al lavoro senza stress. E il primo è di riprendere la propria routine con anticipo. Chi, ad esempio, ha approfittato delle vacanze per fare un viaggio dovrebbe programmare il rientro a casa alcuni giorni prima di tornare in ufficio. Avere tempo per adattarsi nuovamente alla routine permetterà di potersi riposare, sistemare le incombenze personali, mettere in ordine la casa, riprendendo il ritmo per affrontare al meglio le giornate lavorative. Se poi durante le vacanze si sono modificati gli orari abituali, sarà importante ripristinare gradualmente i cicli sonno-veglia. Questo aiuterà ad abituarsi al ritmo di lavoro senza vivere un cambio repentino. Inoltre, una volta ricominciata la routine quotidiana, alzarsi prima del solito per andare in ufficio permetterà di avere più tempo per affrontare la giornata senza fretta e senza ansie.

Concentrarsi su compiti più leggeri e meno impegnativi

Una volta ritornati al lavoro, durante i primi giorni il consiglio è di concentrarsi su compiti più leggeri e meno impegnativi, in modo da rientrare gradualmente nel ‘trantran’ lavorativo senza sentirsi sopraffatti dal carico di lavoro. Organizzare le proprie giornate, stabilire obiettivi realistici e dare priorità alle attività permetterà di tenere sotto controllo l’ansia evitando di sentirsi sotto pressione per il carico di lavoro accumulato. Fondamentale, inoltre, ricordarsi di concedersi momenti di riposo, assicurandosi pause regolari. Questo aiuterà a rilassarsi, ricaricare le energie e ridurre lo stress accumulato.

Iniziare nuovi progetti entusiasmanti 

Riprendere il dialogo con i propri colleghi e con il proprio responsabile permetterà di allinearsi sui vari progetti e compiti lasciati in sospeso durante le ferie, evitando sorprese e contenendo i livelli di ansia. Al contempo, continuare a nutrire le relazioni con i collaboratori aiuterà a migliorare l’umore, l’entusiasmo e la motivazione per il proprio lavoro. Anche iniziare un progetto personale o professionale in grado di entusiasmare renderà la routine più sopportabile, e favorirà lo sviluppo di nuove abilità. Come, ad esempio, iscriversi a lezioni di cucina, imparare a suonare uno strumento, o intraprendere corsi di formazione professionale ad hoc.

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